GLI ARTICOLI SU MONTEPIANO
Anno 1 - Numero 8

Nuovo Museo "Brozzi" a Traversetolo
di Anna Mavilla
Un anno fa, il 10 novembre 2007, la collezione di Renato Brozzi (Traversetolo, 1885-1963) trovava finalmente una collocazione adeguata all’importanza dell’artista e della sua produzione, veramente straordinaria per abbondanza e qualità, nel Centro Civico “La Corte - Bruno Agresti”, con l’inaugurazione della nuova sede espositiva nei restaurati spazi dell’edificio padronale del complesso, polo vivo nel cuore antico di Traversetolo.
A più di trent’anni dall’apertura della prima sede nel Palazzo Municipale, nei locali situati al secondo ed ultimo piano dell'edificio, già a suo tempo concessi in uso all’artista e alla sua famiglia dall’amministrazione comunale, il Museo “Renato Brozzi” ripensava la propria struttura espositiva, attuando in modo unitario e circolare la presentazione in senso tematico-cronologico delle opere, al fine di facilitarne la contestualizzazione. In questo nuovo percorso anche le visite risultano agevolate da un apparato didattico snello, con installazione di pannelli all’ingresso di ogni sala, e dalla presenza di due salette polifunzionali al piano terreno, destinate ad accogliere attività diversificate (proiezioni, conferenze, attività didattiche) a vantaggio dell’utenza.
In ambienti così concepiti è quindi possibile realizzare, in forma programmata e continuativa, una serie di attività rivolte soprattutto (ma non solo) al mondo della scuola, vero punto di forza del Museo "Renato Brozzi", unica struttura museale, nella provincia parmense, a poter combinare in un unico pacchetto una straordinaria offerta di opere d’arte ed attraenti attività collaterali.
L’origine del Museo “Renato Brozzi” va ricondotta alla donazione dell’artista che, venendo a morte il 21 giugno 1963, lasciava al Comune del paese natale un rilevante nucleo di opere plastiche, prevalentemente in gesso, una ricchissima raccolta di opere pittoriche e grafiche, nonché i documenti librari, fotografici ed epistolari testimonianti sessant’anni di continua ricerca espressiva, con la dichiarata volontà di realizzare un’esposizione permanente della sua produzione nei tre filoni della plastica, della pittura e della grafica a testimonianza sia della complessità sia dell’autonomia della sua lunga parabola artistica.
L’aver accolto la donazione Brozzi è stato un atto di particolare importanza, oltre che di grande impegno da parte ­dell'Amministrazione comunale, perché solo i fondi provenienti dalla sua casa e dal laboratorio possono documentare in ­modo puntuale e insostituibile la figura e l’opera di questo artista, che pur rispondendo con sensibilità alle sollecitazioni del gusto e al fluire delle idee in un grande momento dell’arte italiana, è rimasto sostanzialmente fedele a se stesso e alla pratica del proprio mestiere, senza inserirsi in correnti programmatiche e senza cedimenti alle mode, e questo è tanto più significativo in quanto assai scarna e poco documentata è la sua presenza nei musei e nelle raccolte pubbliche italiane. Ma ancor più perché la produzione dell’artista (che può ben definirsi oceanica), nei sessanta e più anni della sua infaticabile e ininterrotta attività, è dal suo Museo quasi completamente documentata, sia sul versante della ricca gipsoteca (328 i pezzi, per lo più inediti, fra bozzetti, calchi, modelli originali e frammenti) sia su quello della straordinaria raccolta di disegni sciolti e di taccuini: più di 7.000 studi, di grandissimo interesse tanto sotto il profilo tecnico, per l’utilizzo di una gamma vastissima di materiali (matita, carboncino, sanguigna, pastello, gessetto, penna a biro e/o inchiostro, acquerello, guazzo, olio) quanto sotto quello tematico, per l’eccezionale varietà dei soggetti che spaziano dai paesaggi ai prediletti animali, alla folta galleria di nudi femminili, agli innumerevoli episodi ritrattistici, qualcuno di impronta esplicitamente caricaturale, agli studi preparatori per opere plastiche e oggetti d'arte applicata dettati da committenza pubblica o privata.

Particolarmente importante, in quest’ultimo ambito, è il lungo sodalizio stretto con Gabriele D’Annunzio, committente d’eccezione, di cui l’artista traversetolese divenne uno degli esecutori più attenti ed apprezzati. Un sodalizio non solo artistico ma anche umano, come ben documenta l’affettuosa consuetudine epistolare, che legò in un dialogo fitto e ininterrotto, dal 1920 al 1938 (quasi trecento i documenti conservati, in copia o in originale, presso l’archivio del Museo) le voci del grande “poeta d’Italia” e del suo prediletto “animaliere”. Nel corso di circa vent’anni D’Annunzio, divorato da un’ansia di accumulo quasi febbrile, sollecitò la fantasia creativa dell’artista con commissioni di ogni tipo: piccoli oggetti di oreficeria con motivi ornamentali animalistici da donare ad amici, visitatori importanti e compagni d’arme; preziosi trofei di
incantevole leggiadria (nel 1921 la Coppa del Benàco per le gare di idrovolanti sul Garda; nel 1922 la Coppa del Liutaio per le gare di canottaggio sulle acque di Salò) e originalissimi oggetti d’arredo di scintillante sontuosità (nel 1922 un servizio di piatti in argento, tutto giocato sul tema del sacro cordiglio francescano; nel 1925 la “meravigliosa Cheli”, una gigantesca tartaruga realizzata adattando la testa, gli arti e la coda in bronzo dorato alla corazza naturale di un animale vero).
Numerose ed importanti anche le commissioni di carattere pubblico, sempre risolte con un’arte serrata e vibrante che ne svela appieno tutta l’energia e la maturità, che l’artista si vedeva affidare a partire dal 1919. I suoi interventi spaziano dalla numismatica (nel 1919 realizzava il rovescio della moneta da 10 centesimi proponendo il motivo simbolico ma efficacemente allusivo dell’ape che trae succhi da un fiore avaro come il papavero), ai monumenti ai caduti della grande guerra (nel 1922-23 la Vittoria angolare da collocarsi sul fianco del Palazzo Municipale di Traversetolo; nel 1923-27 la monumentale Vittoria alata per il Comune di Casarano nel Salento; nel 1933 il Monumento a Fabio Bocchialini, eretto sulla vetta dei Monte Caio), ai trofei sollecitati dalle occasioni più diverse (il GIadio romano, donato nel 1926 dall’Associazione Mutilati Italiani ad Alberto I re dei Belgi; nel 1927 la Coppa "Giuseppino Faelli" offerta ai Balilla d’Italia per le gare romane di sci; nel 1933 la "Vittoria del frumento", una statuetta di un chilogrammo d’oro offerta dalla Federazione nazionale dei consorzi agrari al vincitore della "battaglia del grano"; nel 1938 la gigantesca campana di 30 quintali offerta dal Sindacato Farmacisti Italiani ad una chiesa cattolica di Addis Abeba; nel 1939 il Trofeo Martini e Rossi messo in palio dalla nota ditta per le gare motonautiche di Detroit, per citare solo alcuni fra gli esempi più famosi).
Parallelamente agli incarichi di decorazione pubblica, portati a termine con esiti di asciutto, signorile decoro, nonostante le insidie retoriche dei soggetti celebrativi più ridondanti e pericolosamente condizionanti, Brozzi viene continuando una intensissima attività artistica di consumo borghese: realizza piccoli bronzi a soggetto animale con una tecnica morbida e carezzevole, fatta ad un tempo di voluttuosa sensibilità plastica e di aristocratica eleganza, raffinatissime targhe a sbalzo a soggetto animalista, leggiadri e funzionali oggetti d’arte applicata, sempre in perfetta coerenza con quegli originali impulsi naturalistici e quella pungente eleganza di linee che caratterizzano la sua colta e particolarissima maniera. In questo contesto, particolarmente importante a livello locale risulta il rapporto con la Cassa di Risparmio di Parma, per la quale nel 1928 Brozzi realizza un sontuoso corpus di oggetti di arredo da collocarsi nella nuova Sala del Consiglio affrescata da Amedeo Bocchi: la fascinosa Coppa con aironi corredata da una coppia di piatti con tesa decorata da piccole api connesse al tema specifico dei favi, tuttora adottato come logo dall’Istituto, e due urne per votazioni segrete, con minuscole civette - personificazione della saggezza lungimirante - appollaiate sull’impugnatura dei coperchi.
Dopo la seconda guerra mondiale la partecipazione ad esposizioni di rilievo nazionale si viene facendo via via più occasionale. A partire dal 1954, anno della sua ultima presenza alla Biennale, l’artista rifiutava di impegnarsi in successivi appuntamenti e, pur continuando ad operare appartato, lavoratore sempre instancabile e fecondissimo, pareva ormai rinchiudersi in un volontario isolamento e assumere quella fisionomia consapevolmente "conservatrice" che, esibita con spiritosa ironia in vita, dopo la sua morte verrà a lungo considerata molto oltre il suo peso reale.
Nel giugno dei 1962 rientrava definitivamente a Traversetolo, con cui aveva sempre mantenuto contatti frequenti e fattivi, offrendo la sua prestigiosa collaborazione alla realizzazione o al rifacimento di opere pubbliche monumentali. Qui si spegneva il 21 giugno 1963, a settantotto anni, destinando al Comune natale quanto ancora gli restava della sua produzione plastica e grafica.
Oggi il Museo permanente, arricchito e rinnovato con l’esposizione di importanti pezzi (tra cui spiccano interessanti novità specie nell’ambito della produzione monumentale dell’artista, meno nota ma egualmente cospicua e ricca di straordinaria vitalità), corona perciò il sogno di Brozzi di mantenere vivo il profondo legame col paese natale, e al contempo garantisce a quello che fu (oltre che il più grande artista generato da questa terra) uno dei protagonisti della vicenda artistica del primo Novecento, quella visibilità ufficiale necessaria a riproporre realmente e definitivamente la misura del suo operato.
Foto:
1 e 4) Interni del Museo
2) Testa d'aquila, in bronzo su base in marmo antico
3)Serie di undici piatti detti “del cordiglio francescano”, realizzati in argento sbalzato per Gabriele D’Annunzio, 1922
4)Trofeo Martini & Rossi (copia), in bronzo su base in marmo nero, 1939