GLI ARTICOLI SU MONTEPIANO
Anno 5 - Numero 48
VIAGGIO ATTRAVERSO CIO' CHE LE OPERE NON DICONO (Seconda Parte)

LA COLLEZIONE D'ARTE CONTEMPORANEA DI SELLA DI LODRIGNANO

di Francesca Bersani
La prima volta che ho varcato la porta di uno studio d'artista avevo diciassette anni. Ero al Liceo e la mia classe partecipava ad un progetto per la realizzazione delle vetrate per la chiesa di San Martino a Ivaccari, una località in provincia di Piacenza.
Nella commissione che avrebbe giudicato i progetti in gara era presente un artista di Borgonovo Val Tidone: Franco Corradini. Una volta approvato il progetto vincitore siamo andati a trovarlo, lui ci avrebbe seguito nella realizzazione delle vetrate e sarebbe venuto con noi nel luogo di produzione del vetro per spiegarci le modalità con cui si sceglie ogni singolo pezzo. Quando siamo partiti per raggiungerlo nello studio mi aspettavo di trovare una stanza-laboratorio colma di opere, ma sicuramente non mi sarei mai aspettata di dover entrare in una chiesa! Ebbene accadde proprio così, mi trovai a varcare il sagrato della piccola chiesa di San Pietro in Borgonovo. Era il suo studio!
L’interno architettonico non aveva subito alcuna modifica, ma lo spazio era occupato da moltissime tavole dipinte, tavole enormi raffiguranti per la maggior parte scene evangeliche. Erano presenti anche dei cartoni su cui erano disegnati progetti per delle vetrate, o per opere da collocare in alcune chiese di cui stava curando "l'allestimento artistico interno".
La cosa che destò maggiormente la mia attenzione fu una libreria, uno scomparto totalmente occupato da libri... o come è meglio dire, da molte edizioni differenti di un unico libro: Pinocchio. Corradini fu molto entusiasta della nostra visita e, dopo aver steso per terra alcune vecchie locandine di mostre ormai terminate, ci fece sedere sul pavimento della chiesa. Ci spiegò che era particolarmente legato a quel luogo.
Quando era un bambino faceva catechismo proprio in quell'edificio. L’attaccamento alle sue origini si riscontra in continuazione anche parlando con lui e osservando l'andamento della sua vita... nonostante esponga in diversi luoghi in Europa (Basilea, Praga...), è sempre rimasto fedele alla sua cittadina e devo dire che la stessa Borgonovo è legata alla sua figura. Pochi anni fa, infatti, venne organizzata una sua grande antologica nella Rocca, fu una sorta di ringraziamento verso il suo operato di artista, ma credo proprio anche verso lui come uomo.
Durante l'inaugurazione della mostra mi ha firmato il catalogo e mi ha scritto una dedica che mi ha particolarmente colpita: A Francesca, che mi supererà.... è stato uno splendido augurio per me, dato che avevo appena iniziato ad affacciarmi al mondo dell'arte. È una persona di un umanità incredibile ed è molto accogliente.
Ricordo l'estate del mio quarto anno di liceo, volevo imparare a incidere, a realizzare acqueforti, e xilografie. Mi ha invitata nel suo studio (che sorprende sempre ogni volta che lo si vede) e mi ha permesso di utilizzare il suo materiale, sia le lastre di zinco, che gli inchiostri e il torchio per stampare. È nel suo studio che ho stampato la mia prima acquaforte ed è lì che ho capito la mia preferenza per l'incisione a puntasecca.
Sono andata da lui a incidere solo qualche volta, ma è stata un'esperienza bellissima e "in cambio", mi ha chiesto di incidere per lui un Pinocchio inventato da me (come se fosse abbastanza per ripagarlo!). Ancora oggi, dopo otto anni, mi sento in debito con lui.
Ho continuato a rivolgermi a Franco col "lei", ma quando siamo andati a trovarlo per parlargli del progetto di realizzazione della Collezione Civica a Sella di Lodrignano mi ha detto: partecipo volentieri, ma tu inizia a darmi del "tu". L’opera che ha donato è molto rappresentativa del suo lavoro (infatti unisce la pittura col richiamo alle vetrate) e della sua persona in quanto il titolo è Buscando Luz (Cercando la Luce).
Questa ricerca della luce non è solo un aspetto artistico per lui, ma è anche una ricerca nella vita; ne sono la prova i molteplici pellegrinaggi compiuti a Santiago di Compostela. Quando gli abbiamo chiesto cosa ne pensasse della Collezione Civica ha usato queste parole: "L’innocenza del vostro museo è un segno di salvezza e di speranza contro il conformismo delle grandi rassegne".
Il primo incontro con Gianfranco Asveri è avvenuto nel suo studio, che è anche la sua abitazione. Quando siamo arrivati ci hanno accolto cinque cani scodinzolanti. Poi si è aperta la porta ed è comparso lui, l'artista, inconfondibile con i suoi capelli lunghi e argentati. Ci ha invitato e siamo entrati in casa.
Guardando la persona e osservando lo spazio in cui vive ci si accorge che non potrebbe rappresentarlo meglio di così. In primo luogo è palese il suo profondo attaccamento nei confronti degli animali, in particolar modo dei cani (un sesto cane, molto vecchio, era in un box dentro casa). E colpisce subito l'infinita collezione di statuette di gufi e di cani che ricoprono interi mobili. Alle pareti ci sono le sue opere, raffiguranti animali o figure in rapporto con oggetti.
Il suo stile è inconfondibile, ricerca il linguaggio infantile, il linguaggio del bambino, perché sostiene essere l'unico linguaggio puro poiché non è contaminato dall'esperienza, dalla conoscenza. L’ingenuità dei bambini si nota in ogni loro tratto, in ogni loro visione delle cose. Asveri cerca di spogliarsi dello studio e di ritrovare questa purezza originaria.
Una volta mi ha raccontato che il complimento più bello che ha ricevuto durante una sua mostra, non proveniva da un critico o da un gallerista, ma da una bambina che, davanti ad una sua opera, disse alla mamma: "Mamma, mamma, ma quello sono capace anch'io di farlo!". E la mamma le rispose: "Zitta che l'artista ti sente!". Asveri racconta l'episodio molto divertito e con un pizzico di orgoglio perché in quel momento ha avuto la conferma di aver raggiunto lo scopo che si era prefissato con la sua ricerca artistica.
Dopo averci fatto vedere la casa, ci ha mostrato il luogo più suo in assoluto, il suo studio. È molto piccolo rispetto ad altri studi che ho visto, ma ha in sé una storia decennale... i muri, il pavimento, i tavoli da lavoro sono testimoni di tutte le esperienze artistiche che hanno caratterizzato la sua vita, ma non sono solo testimoni, sono protagonisti! Sui muri infatti ci sono innumerevoli stratificazioni di colore raggrumato che hanno creato uno spessore consistente.
Sui tavoli sono presenti mucchi di scarti di pastelli ad olio staccati col taglierino mentre li si appuntiva. Intorno, attaccati alle pareti ci sono degli scaffali su cui sono ammucchiati moltissimi barattoli di colori e vernici, pieni e vuoti, vecchi pennelli con le setole ormai indurite dal colore e tanti pezzi di legno accatastati, anch'essi sporchi di colore. È un luogo quasi surreale,sembra di far parte di un enorme tela informale.
Quando ha saputo dell'idea di fondare una Collezione Civica si è dimostrato subito felice di parteciparvi e nel giorno dell'inaugurazione, vedendo con i propri occhi il risultato raggiunto, ci disse che io e Alessandro eravamo due matti ad aver pensato ad una cosa così, ma che eravamo due matti che non andavano curati perché nella vita bisogna avere idee e renderle concrete. Asveri è una persona molto disponibile, soprattutto a lavorare con i bambini per avvicinarli al mondo dell'arte e alle varie correnti artistiche. Sono rimasta molto colpita quando ho osservato il suo modo di spiegare il Cubismo a dei bambini di soli tre anni.
È incredibile come riesca ad entrare nel loro mondo e a rendere comprensibile attraverso il gioco dei concetti importanti. Lo scorso anno è venuto anche dai bambini della Scuola dell'Infanzia di Neviano degli Arduini.
I bambini erano già andati alla Collezione Civica di Sella ad osservare le opere esposte e tutti quanti avevano avuto modo di vedere l'opera di Asveri (una grande incisione su fondo rosso raffigurante un'enorme papera stilizzata, sulla schiena della quale si trova una bambina) e l'avevano indicata come la loro preferita.
In seguito a questa visita, in accordo con le insegnanti decidemmo di organizzare un incontro con l'artista. Asveri decise di spiegare il Cubismo anche a loro. Portò un coniglio in classe e lo fece disegnare a tutti.
Quando ognuno ebbe fatto il suo disegno, il coniglio gli cadde dalle mani... per molto tempo calò il silenzio totale in aula... il coniglio si era rotto. Lui disse molto
tranquillamente che non bisognava preoccuparsi, ma fece subito notare come, ricomponendo i pezzi in modi diversi, potevano prender vita Forme nuove.
Così disse ai bambini di strappare il loro disegno del coniglio e con i pezzi del foglio realizzare qualche altra cosa. I bambini lo fecero e costruirono altri animali, altri oggetti.
Con questo semplice esercizio impararono la rottura della forma, il Cubismo, e anche in futuro potranno dire di avere avuto il loro primo approccio alla storia dell'arte con il Maestro di Fantasia (appellativo con cui lo indicò un altro bambino qualche anno fa).
Il mio incontro con William Xerra è passato attraverso la conoscenza della moglie, Rosalba Sironi, nota gallerista di Piacenza. Ero andata a vedere una mostra dell'artista francese Didier Casc alla sua galleria.
Lei mi ha fatto subito un'ottima impressione, una donna piccola, ma con un carattere deciso e una dolcezza che si leggeva in volto al primo sguardo. La contattammo in seguito quando iniziò a delinearsi l'idea di coinvolgere Xerra nel progetto del museo e lei ci invitò a pranzo a casa loro a Ziano. Ci presentammo a casa un sabato a mezzogiorno portando un vassoio di pasticcini. Sono rimasta molto colpita dall'accoglienza riservataci, in fondo eravamo due ragazzi che avevano incontrato un paio di volte... ma con gli artisti funziona così, ti basta prendere un solo caffè con loro e ti aprono il loro mondo, un mondo che è qualcosa di veramente speciale.
Durante il pranzo è bastato un quarto d'ora perché si passasse dal "lei" al "tu". Personalmente avevo visto molte opere di Xerra, ne avevo sentito parlare moltissimo e lo immaginavo come un artista irraggiungibile, non avrei mai pensato di trovarmi a pranzo con lui, a casa sua, la prima volta in cui ci saremmo presentati. E devo dire che ho scoperto una persona squisita, di un'eleganza naturale, non ostentata, il suo volto ha un'espressione seria quando parla, ma appena sorride si svela lo stesso sguardo dolce che ha anche la moglie.
In casa sono presenti moltissime sue opere, ma la parte migliore dell'edificio è proprio lo studio. Non ho mai visto nulla di simile... uno studio strutturato su due piani. Un piano inferiore e una sorta di soppalco. La porta di accesso si affaccia sul soppalco e il piano inferiore si raggiunge con un montacarichi che scende come ascensore aperto. È incredibile.
Sopra il soppalco ci sono delle librerie colme di libri e cataloghi e in bella vista su un cavalletto è posta una copia del Cristo Morto di Mantegna realizzata dallo stesso Xerra in occasione di un esposizione. Quest’opera destò anche un commento di ammirazione da parte del critico e storico d'arte Federico Zeri.
È un'opera eccezionale per la sua perfezione...una bella risposta a chi dice che gli artisti concettuali non sanno disegnare (e con questo non intendo inserire la figura di Xerra entro la sola cornice dell'arte concettuale perché la sua produzione artistica va ben oltre). Su un tavolo erano stesi i poster degli Amori, una serie realizzata utilizzando vecchie cartoline raffiguranti degli amanti. Erano cartoline che si scambiavano gli innamorati.
Scendendo al piano inferiore si viene in contatto con molte opere della serie IO MENTO. Ne guardiamo alcune, e poi da un angolo dello studio estrae una serie di fogli su cui ha tracciato dei disegni realizzati ad occhi chiusi. È uno studio dove si respira un'atmosfera di assoluta tranquillità. Nonostante sia attaccato alla casa, sembra essere un luogo isolato dove le idee passano dalla mente alla tela senza tante distrazioni esterne. Parlando della Collezione e di dove fosse situata, a Rosalba venne in mente di poter realizzare una performance che Xerra avrebbe dovuto mettere in atto a Trento, ma che non fu messa in opera. Si trattava di una performance sul manifesto legato alla menzogna.
L’intero paese avrebbe dovuto essere letteralmente tappezzato di manifesti raffiguranti grandi fotografie. Su ognuno di questi manifesti compariva una scritta legata alla menzogna. Noi siamo stati entusiasti all'idea di concretizzare questo progetto, così ne abbiamo parlato agli abitanti di Sella di Lodrignano, che subito si sono dimostrati molto disponibili a offrire sia il loro aiuto sia i muri delle proprie case per affiggere i manifesti. Tutto il paese si è mobilitato per rendere possibile la realizzazione della performance. Questa è stata un'altra prova di come l'arte contemporanea a piccoli passi possa destare l'interesse delle persone e possa unirle nella realizzazione di un progetto comune e anche di come in un piccolo paese siano possibili grandi cose.
A differenza di molti artisti di Parma, che hanno il proprio studio in centro città, questi artisti piacentini si trovano molto distanti da Piacenza città e molto distanti tra loro. Hanno gli studi in paesi molto piccoli, in luoghi dove regna la tranquillità, luoghi distanti dal rumore e dai ritmi frenetici e sembra quasi impensabile che riescano a rimanere in contatto con la velocità del mondo moderno.
Ogni volta che si ha la fortuna di vedere uno studio si scopre qualcosa di nuovo. L’incontro con gli artisti è sempre un'esperienza speciale, soprattutto se si ha occasione di visitare i loro mondi, i posti dove concretizzano la loro arte. Gli artisti sono abituati a esporre in luoghi importanti e ad essere nominati da grandi critici, eppure riescono a ritagliarsi i loro spazi di assoluta riservatezza e allo stesso tempo accettano di condividerli con chi ha voglia di conoscerli. La cosa però che non smette di sorprendermi è l'entusiasmo con cui accolgono le nuove proposte.
Sono sempre disposti ad ascoltare e a collaborare. E questo loro approccio al nuovo trasmette a chiunque la voglia di continuare il viaggio attraverso questi mondi tutti da scoprire e di tornare a visitare quelli già visti perché al loro interno ogni giorno nasce una nuova opera che delinea così un nuovo ambiente, tutto da osservare, tutto da ricordare, ma soprattutto da tramandare... prima che si modifichi di nuovo.
Franco Corradini, a sinistra, nel suo studio di Borgonovo Val Tidone mostra un'opera ad Alessandro Garbasi, co-ideatore della Galleria civica di arte contemporanea di Sella di Lodrignano e sindaco di Neviano degli Arduini.
"Lo stile di Asveri è inconfondibile, ricerca il linguaggio infantile, il linguaggio del bambino, perché sostiene essere l'unico linguaggio puro poiché non è contaminato dall'esperienza della conoscenza".


"Chi entra nel suo studio ha l'impressione di far parte di  un'enorme tela informale".
L'artista William Xerra durante l'affissione dei manifesti a Sella di Lodrignano.
"Su ognuno di questi manifesti compariva una scritta legata alla menzogna".
Gianfranco Asveri, La papera, Collezione civica di arte contemporanea di Sella di Lodrignano.