GLI ARTICOLI SU MONTEPIANO
Anno 4 - Numero 43
CAMPORA: FESTA E DOLCEZZE D'AUTUNNO
Viaggio nell'affascinante e non del tutto esplorato mondo del "marrone"
di Rosina Trombi
Percorrendo il tratto di strada comunale che unisce Neviano degli Arduini a Vezzano, si giunge a Campora, piccola frazione nevianese situata su un altopiano alle falde del Monte Fuso.
Ciò che colpisce in un panorama ormai d'alta collina, in mezzo a prati verdi anche in periodi di siccità, è la presenza di alberi alti e possenti di evidente notevole vetustà: i marroni di Campora. Le loro dimensioni sono davvero inusuali: il più imponente, in località Case Trombi, misura metri 5,30 di circonferenza tronco, metri 23 di altezza e metri 7, 10 di proiezione massima dalla chioma.
L’eccezionale sviluppo di questi "giganti" - alcuni dei quali hanno raggiunto oltre i 500 anni di età - è dovuto al fatto che crescono su campi coltivati, beneficiando delle cure adibite alle colture erbacee e cerealicole circostanti, oltre che alla "libertà" di svilupparsi "en plein air", non limitati da altra vegetazione, con conseguente straordinaria possibilità di diramazione, in larghezza e profondità, dell'apparato radicale.
La produzione media annua va dai 30 ai 50 chilogrammi di frutti per ogni pianta, ma alcune raggiungono e superano i 100 chilogrammi.
Nella zona, di circa 4 chilometri quadrati, tra le colture estese sulla riva del rio Toccana e la metà del fianco settentrionale del Monte Fuso, poi rivestito di faggi, le piante di marrone sono inframmezzate da altri tipi di castagno dal frutto meno pregiato e adibito ad usi diversi, fin da tempi remoti.
In questo contesto, la Cattedra di Agricoltura, diretta da Giovanni Bizzozero, dottore in Scienze Agrarie, aveva individuato, nella proprietà di Domenico Trombi, le caratteristiche ideali per la creazione di un'azienda sperimentale nella quale, accanto al "re marrone", venivano appunto coltivate e adeguatamente curate e utilizzate piante di tipo diverso e con frutti dalle finalità differenti. Così i marroni venivano ceduti alle industrie dolciarie, che ne ricavavano "marrons glacés" e altre prelibatezze; le mondaiole venivano utilizzate soprattutto per le caldarroste (mundeini); le armiento erano buone da lessare (balòtt); le ampollane finivano negli essiccatoi, per ricavarne castagne secche e farina; infine, le pelosette, piccole, pelose e di scarso pregio, venivano usate come mangime per i maiali e i conigli, per farli ingrassare più in fretta e migliorarne il sapore della carne.
Nell'ambito delle celebrazioni per il 1° centenario della nascita di Giuseppe Verdi, (1913), l'azienda Domenico Trombi, in seguito alla degustazione dei marroni, ritenuti i migliori in assoluto tra le specie presentate, ottenne la Medaglia d'oro alla Mostra del Ministero dell'Agricoltura, cosicchè il proprietario potè fregiarsi del titolo di Cavaliere (non senza qualche ironia da parte di amici e compaesani, che lo definivano “Al Cavalier di maròn”).
Del resto, sulla bontà di questo frutto non potevano sussistere dubbi, se già nell'Ottocento agronomi e studiosi riportano concordemente che di “detta varietà di castagna onoraronsi le regali mense di Francia e di Spagna”.
Oltre ai Fratelli Gelmini, eredi del Cav. Domenico Trombi, ci sono a Campora altri storici proprietari di marroni: le famiglie Castiglioni, Bonomini, Gambara, Cavalli, Pini, Notari, Baldi, Casoni, Malori, Varesi, Gallina.
Sempre nel 1913, l'agronomo Fabio Bocchialini, nel libro I marroni di Campora, riporta una frase significativa di un collega, Giovan Carlo Siemoni che, nel trattato Del castagno, sua storia, sua coltivazione, sua varietà del 1870, dice: "che si atterrino i castagneti, i quali rendono in fin dei conti alla pari, se non più, di qualsiasi altra coltura - questo è inconcepibile, e può qualificarsi una follia".
Non tutti erano però di egual parere, tanto che, negli anni successivi, la coltura del marrone ha subito una progressiva diminuzione, per tutta una serie di cause che il Bocchialini ricerca ed individua con rammarico: sostituzione del castagneto con colture più redditizie; mancato "ricambio" delle piante più vecchie perciò meno produttive; scarsissima cura prodigata alle piante stesse; convenienza della vendita del legno di castagno alle fabbriche di tannino.
La sorte dei castagneti della nostra provincia, così come di quelli di tutt'Italia, è stata infatti la stessa: una progressiva diminuzione della coltura e quindi del prodotto che pure, in tempi precedenti, aveva rappresentato per i "montanari" una preziosa fonte di sostentamento. Nel libro citato, il Bocchialini si augura che "disposizioni... per la conservazione del
Castagno... siano tosto prese da competenti in più serio esame, in modo che la tutela del bosco siaanch'essa ispirata a quei criteri di libertà che devono formare il fondamento di ogni legge".
Le disposizioni auspicate dal Prof. Bocchialini, quasi un secolo fa, sono ora all'attenzione di un Organismo di istituzione recente: il Consorzio Volontario Forestale "Monte Fuso", fondato il 14 ottobre 2004, con il fine di tutelare, valorizzare e promuovere il “marrone di Campora”, quale varietà particolare e riconosciuta.
I soci sono attualmente 85, compresi nel territorio di Campora, Vezzano, Scurano. Le piante "monitorate", sono circa 1.000, di cui oltre 250 a Campora.
A cura del Consorzio è stata effettuata, ad oggi, la potatura di 800 piante e si sono iniziati i trattamenti per sconfiggere il cancro corticale e la vespa cinese, "nemico" più recente.
È in atto un progetto di filiera per la cura, la decespugliazione, la conservazione del bosco secolare di castagni, al fine di assicurarne la tutela e la sopravvivenza. A questo scopo vengono recuperati anche i vecchi sentieri, attraverso i quali si raggiungono i vari appezzamenti boschivi.
L’iniziativa più efficace per far conoscere e gustare il marrone è stata intrapresa - e via via ampliata e perfezionata - dall'Associazione Turistica di Campora che dal 1976 organizza ogni anno, nello spazio antistante la piscina, la "Festa del Marrone”.
Il giorno prescelto è la 3^ domenica di Ottobre (quest'anno cade il 16), periodo nel quale la raccolta dei marroni è pressoché ultimata e la folla di visitatori, provenienti da Parma, province limitrofe e vallate circostanti, è da sempre molto numerosa.
Al pranzo di mezzogiorno, per chi desideri parteciparvi, vengono serviti piatti rustici e di stagione sotto un tendone appositamente allestito. Poi si passa alla festa vera e propria con la degustazione di prodotti a base di marroni, come caldarroste, ballotte ma anche marrons glacés, marrons flambés, marroni al Grand Marnier, marmellate, torte, tortelli di marroni, pattona, Mont Blanc. Il tutto innaffiato di vin brulé e accompagnato da musica e danze.
Il luogo della festa, un po' fuori del paese, può essere raggiunto con un pullman-navetta che parte dal centro, dove si trovano i parcheggi.
La festa rappresenta il fiore all'occhiello della pur attivissima Turistica, che in questo caso è supportata da diversi Enti, quali la Comunità Montana Appennino Parma Est, il Comune di Neviano degli Arduini, la Provincia di Parma.
In alto: Case Trombi e il suo Marrone in una poetica interpretazione del pittore naïf Colibrì (Bruno Bricoli, originario di Urzano-Neviano degli Arduini).
La caldarrostaia di Colibrì.
Alcune fasi della passata edizione della "Festa del marrone" a Campora.
A lato: un'altra pianta secolare di marrone, sempre in località Case Trombi.